Era da un po' che le nubi erano all'orizzonte. Raul non immaginava cosa sarebbe successo ma sentiva sarebbe successo qualcosa. E' una sorta di istinto che mette in guardia la preda, ancor prima che il predatore sia visibile. Guiselle arrivò con il fascino che hanno le rose quando conservano il loro colore ma hanno già perso la consistenza carnosa. Un brivido corse sulle braccia e le gambe di Raul, facendogli drizzare tutti i peli. Era bella Guiselle con i suoi lunghi dritti capelli che incorniciavano il suo viso da principessa di una sconosciuta civiltà precolombiana. Fine settembre con quelle strane giornate di confine tra estate piena ed inverno profondo, lei aveva un vestito che sembrava rubato alla primavera. Raul aveva mani dure, piene di segni che avevano rimpiazzato le impronte digitali, rette da braccia e spalle possenti. Era un desaparecido non ancora scomparso. Le mani nervosamente stringevano un anellino d'oro, figlio di mille ore di sacrifici a respirare polvere e fumo. Ripeteva a memoria in una sorta di frenetica schizofrenia la sua dichiarazione. La sapeva benissimo, come benissimo sapeva che al dunque la lingua lo avrebbe tradito per fargli fare la figura dell'imbranato. Poco importava. Guiselle gli si avvicinò baciandolo. La strinse a sé e, quella sensazione di ferita imminente, gli fece aumentare la salivazione come a sciacquare una strana sensazione di ferro in bocca. Non era successo nulla ma si sentiva come un pugile l'attimo dopo il colpo da knock-out. La guardò fissa negli occhi e si inginocchiò per dare voce alla frase che ripeteva da giorni nella sua testa. Guiselle capì. Il suo viso di luna si rabbuiò.
No, ti prego. Non prima che ti chieda una cosa.
Raul comprese subito che le nubi, poco tempo prima all'orizzonte, a breve sarebbero diventate uragano. Restava solo da capire se avrebbero portato solo danni o anche morti e feriti. Rimase in silenzio, in attesa del vento distruttore di case.
Quando conoscerai il mio lato oscuro mi amerai ancora? Riuscirai ancora ad abbracciarmi?
Raul rimase immobile sotto le prime gocce di pioggia, puntute come chiodi arruginiti. Sapeva alla perfezione il significato di quelle parole ma erano una sorta di ricordo imbarazzante e terribile da nascondere. Accennò un'espressione indefinita, senza senso, contenuta nell'ampio spettro che delimita il dolore più profondo e la gioia più sguaiata. Gli occhi rimasero fissi in quelli di lei ma privi di luce, come spenti.
Fu Guiselle a distogliere gli occhi cercando di divincolare le mani da quelle di Raul che cercavano di trattenerla. Raul aveva braccia possenti e mani con una presa d'acciaio ma non riuscirono a trattenere il corpo di Guiselle bagnato dalla pioggia. Scappò via con una corsa bruciante che si arrestò a un centinaio di metri da lui. Si fermò a guardarlo, mentre fra sé e sè lo perdonava, che in fondo non aveva colpa di nulla. Raul ricorda ancora i suoi capelli e il vestito di fiori di fuoco intriso di pioggia, appiccicato alle sue gambe. Anche se fosse riuscito a trattenerla, sapeva che non sarebbe mai riuscito ad amarla come prima. Avrebbe voluto solo fermarla per il tempo necessario di donarle quel piccolissimo anello d'oro.
4 commenti:
Non so se questo post ha un retroscena (personale o meno)... però è un cazzotto nello stomaco.
E, credimi, è un complimento.
Saluti,
Mauro.
@ Mauro: non ci sono risvolti personali, stavo ascoltando The final cut dei Pink Floyd e mi uscito dalle dita questo racconto.
Grazie per il complimento.
Ps - io sto ancora aspettando le news. Hai ricevuto la mia mail?
Da troncare il fiato! Non ho parole.
E se penso che lo hai scritto ascoltando quel pezzo, beh vale doppio!
Grande Vale.
E per forza allora che è un racconto semplicemente meraviglioso...Stavi ascoltando The final cut... Io sto per andare a cantarla invece (e sono già in ritardo (tutta colpa del tuo racconto!!!!) ) :-)
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