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mercoledì 19 marzo 2014

Una festa molto pa-pà-rticolare

Oggi come tutti saprete è la festa del papà. Il mio in questi giorni è impegnato in un tagliando ospedaliero che, spero, lo rimetta a nuovo e gli faccia fare ancora qualche migliaio di km. Perché ad una certa età, i genitori, diventano come le macchine o le moto da collezione. Avete presente i maggioloni anni '60, oppure le Guzzi tipo la v-70? Passano gli anni ma conservano intatta tutta la loro storia ma, di contro, perdono un po' di affidabilità.
 
Mio papà è così. Uno moto anni '60 che ha assaggiato le strade quando abs, manopole riscaldate, gps non erano nemmeno fantasia. Ora, dopo km e km, capita che si ingolfa un po' e bisogna andare dal meccanico. I pezzi, però, sono sempre più difficili da trovare.
 
Oggi, dicevo, è una festa del papà particolare per me. Particolare perché, per la prima volta, ho il duplice ruolo di figlio e anche di padre.
 
I miei genitori mi hanno sempre detto che da piccolo sono stato un bel rompicoglioni. Ho iniziato a dormire decentemente verso i tre anni. Prima erano solo microsonni di un quarto d'ora. Mamma e papà stavano diventando pazzi. Per non parlare del mangiare. Li ho fatti dannare fino a sei anni. Quando mi raccontano della mia infanzia, dicono sempre che, se fossi stato il primogenito sarei rimasto figlio unico. Grazie al cielo non è andata così. Ho anche una sorella.
 
Più tardi andrò a trovare mio padre e gli farò i miei auguri che poi, chissà perché, vorrei sempre dirgli milioni di cose che, però, mi si strozzano sempre in gola. E allora ci abbracciamo, restiamo per qualche secondo uno nelle braccia dell'altro, e poi ci scambiamo uno sguardo che vale mille parole. E' che io e mio padre siamo di poche parole. Sappiamo leggere e comprendere il significato dei gesti.
 
Poi tornerò a casa e prenderò in braccio mio figlio, quell'omino dal visino tartarugoso, e me lo terrò un po' in braccio, gli passerò le dita sul collo morbidino, sperando che mi sorrida. Anche lui come me, dorme poco di notte e fa microsonni. Sono tre mesi che la notte è un terno al lotto e quando la sveglia suona alle 6.40 mattina, fa più danni del Mjolnir. Mi trascino in bagno, mi lavo la faccia e bevo un caffè. Alle 7 sono già distrutto. Prima di uscire però vado a salutare mia moglie e il piccolo dittatore. Se sono fortunato è sveglio. Allora lo accarezzo sotto il collo e, forse, per farsi perdonare della notte in bianco, mi regala un ghé con un sorriso a piene gengive. I suoi sorrisi sono bellissimi, mia moglie dice che gli occhi si trasformano in piccole lune.
 
Quel sorriso per me vale tutto, forse di più. Ed è strano pensare che fino a qualche mese fa, non esisteva. Mi avvicino al suo viso, sfioriamo le punte dei nasi e la mia stanchezza si volatilizza.
 
Poi esco di casa e, mentre chiudo la porta, spero che mio figlio un giorno sarà orgoglioso di suo padre, almeno la metà di quanto io sono orgoglioso del mio.
 
 

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