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Il solo fatto che tu sia qui già mi gratifica. Che dire di più? Ormai visto che ci sei partecipa, leggi e commenta. Una sola richiesta. Quando te ne andrai non chiudere la porta!

sabato 28 febbraio 2009

E sto abbracciato a te

E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.
(Pedro Salinas)

(Innamorati al chiaro di luna, Marc Chagall, 1938)

venerdì 27 febbraio 2009

Dimmi dimmi

Dimmi dimmi
dimmi come mai
le tue labbra non parlano
forse nemmeno tu lo sai
e dimmi dimmi
spiegami com'è
che i tuoi occhi non guardano
eppure ti sento
eppure vedono.

Dimmi dimmi
dimmi com'è che sai
dare un nome ai miei dolori
che io non ti ho presentato mai
forse perché
in tutto l'universo che scorre
fra me e te
tutta questa differenza non c'è.

Perché tu come me
la notte ti addormenti sempre sola
con l'ombra della speranza in agonia
sotto le lenzuola.

Ed io
che non credo in Dio
o nel destino o in chissà che
ora so
che se la mia vita non
ha poi un gran senso
nel caos infinito che mi porto dentro
almeno ho te.

mercoledì 25 febbraio 2009

Clizia e le prime luci del giorno

L'ultima volta che vidi Clizia mi parlò di fughe, di assassini, di salti improbabili. Alla fine voleva solo fuggire da sé stessa, da come si vedeva, da come la vedevano gli altri o, forse, dal suo modo di vedere il mondo. Era stanca Clizia. Erano lontani, se mai ci fossero stati, i suoi giorni felici. Avrebbe voluto solo sedersi vicino al riverbero delle luci e restare lì. Guardare le ombre e luci giocare nella notte. Sdraiarsi nel rumore del mondo e capire che in tutto c'è una sorta di melodia. Ma non poteva. Per lei, da troppo tempo, il buio era solo buio e la luce sempre e solo accecante. E i rumori era sono rumori, fastidiosi rumori. Ogni giorno Clizia affogava sè stessa nei bicchieri dei bar, cercando di affogare i suoi pensieri. Clizia, ormai, aveva imparato a morire tutti i giorni per rinascere sempre più debole e indifesa di prima. Con un chiodo arrugginito si incise sul ventre parole di speranza e, la notte stessa, salì su un tetto per guardare la città. Cercò di osservare le stelle con occhi nuovi. Per un attimo ci riuscì. Arrivò l'alba e le nascenti luci le illuminarono il viso e il ventre sfregiato. Si alzò, avvicinandosi al parapetto, per vedere meglio il sole sorgere. E quando tutta la città fu accarezzata dal sole mattutino, Clizia sorridendo saltò. (Tetti di Roma, Renato Guttuso, 1942)

martedì 24 febbraio 2009

Le donne più cliccate del Web

In tutta onestà ero convinto che nella Top Ten della donne più cercate on-line ci fossero persone socialmente importanti: medici, politici, ricercatrici, scrittrici. Niente. La Top Ten, alla fine è la Topa Ten. Al primo posto Natalia Andrade che vista nella foto qui a fianco... bè, come direbbe William Pickett Anderson Zerf: "Perchè no? La linkerei tutta!!!". La top model brasiliana ha battuto Gisele Bundchen che, comunque conserva un ottimo secondo posto e Angelina Jolie al terzo. Prima fuori dal podio è Rihanna. Quinto posto per la modella Marisa Miller. Il sesto posto spetta a Eva Mendes, settima Alessandra Ambrosio. L'ottavo posto è per Katherine Heigl modella e attrice. Nono posto per Natalie Portman, mentre, in coda, si trova Jennifer Lopez. Ovviamente, scopo di questo post è aumentare i contatti al blog. Potrei aver inventato il modo per risolvere il problema della fame nel mondo, o cose simili, ma come dicevano gli antichi greci: "niente tira più di un pelo di f...". E per dirla tutta, con un paio di queste ci sono anche uscito ma non ditelo alla mia fidanzata!!

Desideri realizzati

Poscia...

Nient'altro. Era molto che desideravo cominciare un post con la parola poscia. Magari un giorno saprò anche come continuarlo. Potrebbe essere un post interattivo. Continuate voi. Cosa scrivereste dopo poscia?

Nella penombra

Era da tempo che Buio si nascondeva negli anfratti e la osservava risplendere ma non si erano mai potuti abbracciare. Luce, invece, da sempre con la sua velocità provava a sfiorarlo, carezzarlo, baciarlo ma per quanto volasse veloce, Buio spariva più velocemente di quanto Luce riuscisse a correre. Per anni, secoli, millenni si sono rincorsi cercando di ingannare il destino, per dare sfogo alla passione che li univa. Si incontrarono un giorno, su una linea d'ombra e sussurrandosi amore reciproco, capirono rassegnandosi, che era un amore impossibile. Provarono, per l'ultima volta, a sfiorarsi ma senza riuscirci. Versarono due lacrime di profondo dolore e si lasciarono. Le lacrime di Buio e Luce caddero una vicina all'altra, si sfiorarono, carezzarono, baciarono, amarono per un lungo incredibile brevissimo momento. Ne nacque una piccola creatura di nome Penombra. Una creatura magica che regalò a Buio e Luce un luogo, fuori da ogni spazio e tempo, per amarsi. I due, da quel giorno, si incontrano nella Penombra. Buio porta sempre una rosa e un girasole, Luce ogni volta un dono diverso. Giocano a rincorrersi, ad abbracciarsi e dal loro amplesso nascono sempre ombre diverse e sorprendenti. Ecco perchè, da allora, non chiudo più porte e finestre e tanto meno le lascio spalancate. Le socchiudo, per creare quella semioscurità che permette agli amori impossibili di divenire realtà.

lunedì 23 febbraio 2009

Marco Carta e La forza mia






















Il festival di San Remo è stato vinto da Marco Carta già vincitore di Amici. Allora questa Carta è riciclabile?

Ma non è che...

Ho inventato questa sciocca scusa
Un appuntamento a caso
Per parlare un po’ di noi
Anche se per te non vale niente
Sei distratta quasi assente
Guardi quello che non c’è
Ho voglia di capire
Dov’è finito il tuo amore
Mi ami ancora?
Non riesco a farti innamorare più di me

Apri gli occhi Sal Da Vinci... non te ne sei accorto? E' lesbica!!!

Io sarò gay...

Io un giorno sarò gay ma per adesso,
quando posso, me ne trombo anche sei.

Mia mamma mi voleva un grande bene diventato ossessione
per questo a 16 anni mi scoprii un po' ricchione
di mio padre, invece, ricordo soprattutto l'assenza
e a 17 anni iniziai un periodo di astinenza.

Io un giorno sarò gay ma per adesso,
quando posso, me ne trombo anche sei.

Mio padre un giorno ritornò da me, e meno male,
dal quel giorno diventai bisessuale.
E mia madre, se ne andò di casa urlando "così non vale"
e fu così che completai il mio iter formativo
diventando etero-sessuale.

E i miei però non si sono mai picchiati
altrimenti ci sarebbe un'altra voce nella lista,
grazie al cielo mi hanno evitato
la fase sado-masochista.

E l'anno prossimo ci vado io a san remo
a cantare del mio viaggio sessuale
e non ometterò nulla di me ricchione che fa sesso
chissà mai che dando un poco il culo
non faccia anche io soldi e successo!!!

sabato 21 febbraio 2009

"Signora Lia"

cantava Baglioni "questa sera stai con tuo marito". A dire il vero non so perchè ho iniziato il post così. Poi la canzone parla di tradimenti... e direi che siamo proprio fuori luogo. Non lo so, sarà che mi piace il nome Lia che, probabilmente, deriva dal nome biblico Lia della prima moglie di Giacobbe, in ebraico Leah, che significa "laboriosa", adattato in greco come Leia ed in latino come Lia. Laboriosa. Mi piacciono le persone laboriose. Sono quelle che lavorano nell'oscurità per il piacere di farlo e non per arrivismo. Sono quelle che mandano mail alle amiche con consigli gggiusti!! Che poi, a pensarci bene, io non conosco nessuna Lia. Cioè, sì, una la conosco. Al momento, però, conosco è troppo. L'ho incontrata, credo in sogno. Se non ricordo male era una maga, isposa di un clown di ventura e madre di un elfo-vecchietto con le orecchie a punta e la incontrai ad una festa di gnomi e giganti. Dove i giganti dovevano stare attenti a non schiacciare gli gnomi e gli gnomi scagazzavano allegramente! Mah! Se esiste veramente, sono sicuro che la rincontrerò. Magari nel paese di molto molto lontano. Io in quel paese lì ci vado quasi tutti i giorni. Comunque Lia, se esisti veramente, salutami l'elfo-vecchietto, il marito clown di ventura e l'amica con le antenne stellate... Vabbé dai, l'ultima magari la saluto io. Sperando che non mi si faccia scappare...

venerdì 20 febbraio 2009

Lita

Non c'era niente in televisione, niente d'interessante. Come ieri, l'altro ieri e l'altro ieri ancora. “Solo bionde platinate con sguardi ammiccanti non bastano per tenermi incollato davanti al video” pensò. Spense e buttò il telecomando all'angolo opposto del divano. Cercò un libro ma si accorse di non essere in vena di leggere. Gironzolò un po' per casa, rimbalzando da una stanza all'altra, poi telefonò. “Lita? Ciao, sono io. Ti va di uscire? Ok, preparati fra 20 minuti sono lì”. Riattaccò senza attendere risposta. Prese le chiavi della macchina, si guardò allo specchio di volata - capelli troppo lunghi ormai - s'infilò la giacca e uscì. La strada scivolò lenta e piacevole, forse grazie anche alla musica che trovò alla radio: alcuni pezzi folk-punk irlandesi travolgenti alternati a ballate, sempre della stessa isola, dolci e suadenti. Arrivò. Scese dalla macchina senza spegnerla e suonò al citofono. “Sono io Lita, scendi”. Lei scese e si accomodò sul sedile. Si guardarono senza parlarsi e si baciarono. “Ciao” le disse. “Ciao bell'uomo” rispose lei “dove andiamo?” chiese ridendo. Lui non lo sapeva dove andare. E' che era in casa, non aveva sonno, alla televisione le solite cavolate per decerebrati, non era in vena di leggere e così eccolo lì. “Andiamo a bere qualcosa” disse come rassegnato. “Ok, bene” concluse lei. La macchina partì mentre la radio, ancora, zampillava di musica allegra e triste: una specie di fotografia di gruppo delle anime del mondo. Era come se stessero attraversando tutte le emozioni, le sensazioni dell'umanità: la frenesia totale, la calma serale, il pianto, il riso, la nostalgia, la speranza e la delusione. Un viaggio strano, anche leggermente pericoloso, che può portarti ovunque o in nessun luogo. La macchina scivolò via, lenta ma decisa, e si poteva sentire il vento sfiorare dolcemente il profilo di metallo. Lita era silenziosa, stranamente silenziosa. “Perché non parli?” le chiese cercando i suoi occhi “non stai bene?”. “Eh? No, no” gli rispose come svegliata da un torpore secolare. “A cosa pensavi?”. “Ai ricordi che non ho più. Non so se me li hanno rubati o se li ho persi” aggiunse sottovoce. La radio continuava a cantare mentre Lita aspettava un commento, una parola da bell'uomo che rimase in silenzio. Arrivarono al bar. Posteggiarono la macchina e scesero. Era una serata fantastica. Come il cuore del peggiore assassino, il cielo era di un nero profondo tempestato di stelle. Un forte vento aveva spazzato via tutte le nuvole, le foglie, forse i ricordi di Lita, ma non la sensazione di leggero disagio di entrambi. Appena scesa, Lita gli si avvicinò, e si fece abbracciare. Aveva un viso bello ma plasmato in una strana espressione.“Cosa c'è questa sera?” chiese lui “Ti trovo strana”. "Non lo so. E' che, porca miseria,” esplose Lita come un fiume in piena, tutto di un fiato “mi sembra di essere nata dal nulla proprio oggi con i miei 26 anni. Cioè capisci mi sembra di non aver vissuto fino ad oggi. Non ho ricordi, non ho nulla che mi parli di me, di quello che ho fatto ieri, ieri l'altro, un mese fa! Mi sembra di essere nata adesso, ma so che non è vero! So che è tanto, molto tempo che esisto”. Bell'uomo rimase lì, travolto da quelle parole, e si mostrò sorpreso. Il suo viso diventò implicitamente triste, quasi colpevole e, come cercando in una mareggiata di urli le parole giuste, la tranquillizzò provando a minimizzare: “Dai per un momento no, non farne una tragedia”. “Forse hai ragione” rispose Lita abbozzando un sorriso. Una folata di vento portò via la discussione e i due entrarono nel bar. C'era un cabarettista imitatore che, però, non imitava l'originale. Era il replicante dell'imitatore del sosia dell'originale. Si sedettero e consumarono. Dopo 10 sketches e due bicchieri a testa, Lita chiese: “Ma tu... mi ami?” “Sì! Ovvio” rispose lui veloce. Talmente veloce che qualsiasi donna gli sarebbe saltata al collo coprendolo di baci; ma non lei. Una lacrima blu-azzurra, forse verde dipinse gli occhi impossibili di Lita. “Che c'è adesso?” chiese bell'uomo. “La tua risposta” disse singhiozzando. “La mia risposta?” aggiunse lui sorridendo “la mia risposta è sì. Non ho nemmeno dovuto pensarci per rispondere” concluse rassicurandola. “Lo so” disse Lita “è proprio questo che mi da dolore. Hai risposto senza nemmeno pensarci. Che senso ha la tua risposta? L'amore. Hai risposto come se il barista ti avesse chiesto “vuoi il solito?” recitò. Rimase disarmato e, questa volta, non trovò nemmeno una parola in quella mareggiata di urli. Prese il bicchiere e lo svuotò. “Quando mi dirai la verità?” incalzò lei. Bell'uomo non poteva più sopportare gli occhi di Lita e fissò le sue mani nervose, le sue dita impazzite correre intorno al bicchiere. “Non so come incominciare” sospirò. Passo qualche minuto. Si poteva intuire adesso, dalla sua immobilità esterna, la confusione, il frastuono, la tormenta che gli stava fracassando il cervello. “Ho sempre avuto una grande fantasia,” iniziò lui con la testa appoggiata ai pugni “grandi pensieri, grande capacità di immaginare. Ho sempre fantasticato su tutto, su amici, genitori. Tutto. La fantasia è un grande dono, ma anche un dramma. Per colpa di questo talento” continuò ironico “non sono mai riuscito ad accettare gli altri. Capisci? Io immaginavo gente perfetta e quando mi trovavo nella vita reale, a scuola, al mercato, al bar, nessuno riusciva mai ad essere all'altezza dei miei modelli. Così, piano piano, mi sono rinchiuso in me stesso, mi sono aperto alla mia fantasia. Mi sono ritrovato solo un giorno, senza genitori, amici. Senza nessuno che potesse riflettere i miei sforzi fantastici” s'interruppe per un attimo. Intorno il bar si era svuotato. “Poi,” riprese “sei arrivata tu. Avevo bisogno di una donna per condividere i dolori o solo da guardare. Però, giorno dopo giorno, mi sei sfuggita di mano senza che me ne rendessi conto... almeno prima di questa sera. Ti avevo pensata per esserci quando ne avevo bisogno. Ti pensavo e arrivavi, mi aiutavi a superare il dolore e ritornavi nel nulla. Poi hai voluto che ti parlassi di quelle cose chiamate sentimento, amore, dolore, pianto ed io, scemo, te ne parlai. Non credevo che potessero portarti a diventare un problema. Questo l'ho capito solo adesso. L'amore, il dolore, il pianto diventano ricordi e tu sai cosa sono per sentito dire; ma non sai cosa fanno provare” disse alzando gli occhi vergognosi e puntandoli in quelli di lei. “Tu” continuò per liberarsi dal peso “hai sensazioni simili a ricordi ma senza l'anima che ti permette di rievocarli. Ti sono arrivati i riflessi dei miei sentimenti e si agitano in te, cercando di diventare ricordi. Questo non è possibile. Mi piacerebbe poterti regalare questa capacità ma non so come fare. Non so come cavolo tu abbia potuto arrivare ad assumere coscienza delle cose. Non so più niente a questo punto” terminò scoppiando in pianto. Aveva il viso fra le mani. Lita era di fronte a lui, finalmente serena. Sapeva che di lì a poco tutto sarebbe finito, ma aveva una piacevole tranquillità nei suoi occhi impossibili. Sembrava si stesse preparando per andare al mare. Una giornata di quelle stupende. Quando il sole asciuga velocemente, lasciandoti i segni bianchi del sale sulla pelle bruna. Era quasi assorta in chissà quali ricordi, ma non poteva essere così. Bell'uomo riprese singhiozzando “eri la mia fuga, il mio modo di colorare la vita, la mia tinta più bella. Saresti stata perfetta se solo avessi potuto avere ricordi. Sei frutto delle mie paure, del mio non saper essere. Tu sei piena di ricordi, dei miei ricordi che, però, sono fantasie, anzi, bugie perché te le ho spacciate per verità. Ti ho usato come un foglio di carta, sede del mio pensare; ma tu poi hai preso coscienza, hai preso vita. Puoi leggerti ma non capirti. Scusami Lita, ti prego, ma tu non dovresti esistere” concluse. In quello stesso momento, Lita sparì. Sparì veramente, in modo inspiegabile come era arrivata, nata, cresciuta, creata. Sparì e con lei tutti i ricordi di bell'uomo che rimase seduto al tavolo, forse di un bar, immerso nel buio. Aveva un'espressione strana in viso: assorta, amara. Gli si avvicinò una ragazza che si sedette al tavolo con fare di chi ti conosce da tempo. “Cosa c'è? E' da quando sono venuta a prenderti che non parli” disse. “Non lo so” rispose bell'uomo “questa sera ha un sapore amaro. Mi sembra di non avere più ricordi. Non so se me li hanno rubati o se li ho persi”. La donna rimase zitta, abbassò lentamente il viso che si dipinse di spaventata consapevolezza.

Mammuth in giardino e scheletri nell'armadio

Durante gli scavi per un parcheggio sotteraneo, nel centro di Los Angeles, compare lo scheletro di un mammuth. Questa notizia mi ha fatto ritornare in mente che da gggiovane, in procinto di iscrivermi all'università, volevo fare Archeologia perché Indiana Jones ha sempre il suo fascino. Per qualche settimana ne frequentai la biblioteca e gli spazi di studio ma mi accorsi che, la maggior parte degli studenti, erano ragazzi e quelle poche ragazze, cozze. Urgeva, dunque, un altro indirizzo di studio. Pensai a medicina ma, visto che svengo alla vista del sangue, non mi sembrò una scelta ponderata. Un'altra opzione fu matematica. Presi tutti i moduli per iscrivermi. Stilai anche un eccellente piano di studi. Lasciai perdere per via del calcolo dei crediti. Troppo complicato, perdinci! Mi stavo convincendo che, tutto sommato, potevo fare a meno di un'istruzione universitaria; d'altronde finchè ci sono i reality che bisogno c'è di studiare? Dicevo? Ah, sì, mi stavo convincendo di accantonare il progetto università quando accompagnai un mio amico, studente di Lettere, in ateneo. Una cosa incredibile, pieno di ragazze carine!!! Avevo trovato il mio percorso di studi!! Mi sono laureto in Lettere Moderne indirizzo Storico con una tesi intitolata "Rappresentazione mentale di rastrello e innaffiatoio dal medioevo ad oggi". La passione dell'archeologia mi è rimasta, immutata e coinvolgente come sempre. E la notizia del mammuth di Los Angeles è stata solo uno spunto per questo post. Però, pensandoci bene, una volta anche io scavando in giardino ho trovato delle ossa. Il ritrovamento non mi stupì più di tanto. Erano i resti del mio vicino, gli dovevo soldi...

giovedì 19 febbraio 2009

Oroscopo: Vergine

(23 agosto - 22 settembre)

Giornata fantastica per le Vergini. Il lavoro scorrerà tranquillo, certo meglio di ieri, che avete passato al freddo in mezzo ai bricchi della Valtellina con un cliente lumacone che ci provava. Cercate nei blog, è possibile che ci sia una piacevole sorpresa solo per voi. In chat avrete la possibilità di distrarvi dal lavoro con una persona simpatica e brillante. La serata si prospetta fantastica. Se siete single uscite e datevi da fare. Non fate come sempre che la fate annusare e non la mollate mai. Se siete fidanzate, il vostro lui oggi, sarà più splendido, attraente e focoso del solito. Per le fortunate fidanzate con un Sagittario, non lasciatevelo scappare. Accettate l'invito del vostro partner, di qualunque tipo sia. E' il momento di farvi travolgere. E' il momento di travolgere. Questa giornata porterà con sé una piacevole brezza all'aroma rinfrescante di menta.

Occhi color di fiume

Saperti in pianto mi sconforta
Ma anche mi allieta
Perché quando smetterai le lacrime
Assaporerai nuovamente e con più intensità
Il piacere del sorriso
Il tuo dolore è fonte di gioia
Perché i tuoi occhi color fiume
Possono solo donare fertilità
Persino ai più grandi deserti
Ma nonostante questo
Tu non dovresti piangere mai
Perché sei bellissima quando sorridi
Ed io sono un guitto
Sono acrobata ed equilibrista
Solo per far sorgere un sorriso
Sull'orizzonte delle tue labbra
E quel sorriso lo guardo salire in cielo
Prendendone tutto il calore
Studiandone la parabola
Che lo porta a tramontare
Sperimentando mille modi
Per farlo sorgere e sorgere ancora
Perché mai segreti ci divideranno
Se non ci priveremo di domande e risposte
E non aver paura di entrare in me
Di aprire i miei cassetti segreti
Forse non avrò risposte immediate
Ma le cercherò
Le cercheremo insieme
Non aspettare che io evada
Dalla mia torre di dolore
Forse la mia unica via di fuga
E' la tua curiosità
Ed ogni esperienza fatta
Non sarà una distanza fra noi
Ma la possibilità di vedere cose nuove
Con gli occhi dell'altro
Io sono stato solo per troppo tempo
Mi sono trascinato
In strade senza via d'uscita
Ho solcato mari agitati
E sono naufragato
In un arcipelago di solitudini
Ora so
Che tutte quelle avventure
Spesso sembrate senza senso
Erano invece un esplorare il mondo
Per poterlo raccontare a te
Dunque stammi vicina
Tradimento dolore e infelicità
Mi hanno già ferito
Adesso ne sono immune
E ti donerò
Se lo vorrai
Una goccia del mio sangue
Come antidoto al veleno
Non lasciarmi ora
Che ho capito di aver un porto
Al quale fare ritorno
Lascia che i tuoi occhi color di fiume
Guardino il mondo
Perché io attraverso loro
Vedrò ciò che tu vedi
Lascia che i tuoi occhi esondino in me
Lascia che io possa fluttuare in loro
Graffia la mia schiena
Solleticami con la levità delle tue dita
Abbracciami e metti le tue labbra dove sai
Oppure
Spaventami di modo che io
Possa nascondere il viso
Nel piccolo spazio
Tra la tua spalla e il collo
Feriscimi se lo riterrai opportuno
Io non ti chiederò giustificazioni
Sarò il tuo foglio bianco
Sul quale scrivere poesie
Sarò la tela che dipingerai
Sarò ciò che desideri
E non morirò mai
Fin che i tuoi occhi color di fiume
Sorrideranno guardando me.

(Nella foto: Il compleanno, Marc Chagall, 1915)

William Pickett Anderson Zerf

Segnalo con molto piacere l'iniziativa riguardante l'apertura di un blog dedicato ad un'imponente figura del XX secolo: William Pickett Anderson Zerf. Pensatore, filosofo, scandagliatore del tempo. Una mente scevra da qualsiasi vincolo etico e morale e per questo misconosciuta. Un uomo verso il quale l'intera filosofia moderna occidentale, e parte di quella orientale, dovrebbero inchinarsi.

I casi della vita

Ero solito portare una pallottola nel taschino,
all'altezza del cuore.
Un giorno un tizio mi tirò addosso una Bibbia,
ma la pallottola mi salvò la vita.

mercoledì 18 febbraio 2009

Quello che non c'è (Afterhours)

Ho questa foto di pura gioia
E' di un bambino con la sua pistola
Che spara dritto davanti a se
A quello che non c'è
Ho perso il gusto, non ha sapore
Quest'alito di angelo che mi lecca il cuore
Ma credo di camminare dritto sull'acqua e
Su quello che non c'è
Arriva l'alba o forse no
A volte ciò che sembra alba
Non è
Ma so che so camminare dritto sull'acqua e
Su quello che non c'è
Rivuoi la scelta, rivuoi il controllo
Rivoglio le mie ali nere, il mio mantello
La chiave della felicità è la disobbedienza in se
A quello che non c'è
Perciò io maledico il modo in cui sono fatto
Il mio modo di morire sano e salvo dove m'attacco
Il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia
Quello che non c'è
Curo le foglie, saranno forti
Se riesco ad ignorare che gli alberi son morti
Ma questo è camminare alto sull'acqua e
Su quello che non c'è
Ed ecco arriva l'alba so che è qui per me
Meraviglioso come a volte ciò che sembra non è
Fottendosi da se, fottendomi da me
Per quello che non c'è...

martedì 17 febbraio 2009

Oroscopo: Vergine

(23 agosto - 22 settembre)

Se hai dai 6 ai 13 anni probabilmente la mamma ti chiamerà per andare a scuola. Se sei più grande è possibile che ti sveglierai per andare al lavoro. I contrasti planetari di oggi richiedono molta prudenza nei rapporti di coppia: fai attenzione alle avventure segrete, perché non è facile mantenerle tali. Insofferenza nei rapporti interpersonali, specie con soci e famigliari. Se hai un’attività a conduzione familiare mantieni la calma e niente colpi di testa dettati dall’impulsività.

Notte anfetaminica


C’è una luna anfetaminica appiccicata, in questa notte blu scura, come un livido. Non so resistere alle tentazioni, non ne sono mai stato capace, e la devo provare. Le stelle lentamente, prima non c’erano, iniziano a brillare dolci ma la dolcezza diventa presto nausea. Le sento pulsare, fremere, urlare la loro fatica. Porto le mani alle orecchie, devo difendermi in qualche modo dalle grida feroci; sono le mie vene, il fluire del mio sangue a frastornarmi il cervello. Bum, bum, bum. Non avevo mai percepito il rumore della vita in maniera così sconvolgente e mai mi ero accorto di quanto è veloce il battito di un cuore. Il vento, forte e insistente, lascia un cielo macchiato da alcune nuvole che cercano l’amplesso con la luna. La notte diventa nera, viola acido come un tumore maligno e la mia nausea sale vertiginosamente fino al cervello. Sconvolge i miei pensieri, le mie sensazioni: ti sento vicina, presente, salsedine e bagnoschiuma, essenza di mare; ti vedo, ti stai avvicinando, cammini come un’onda…l’incredibile è che non ci sei. E’ tutta illusione. Sei lontanissima, come la cura del tumore della notte. Mi terrorizzi e mi attrai ma il timore è quel poco che basta più persuasivo della curiosità. La luna si divincola dal debole tentativo delle nuvole e il suo abbacinante splendore illumina la tua assenza. “Altro non sei che un’acida allucinazione notturna” ripeto tra me e me.Le parole, però, appena escono dalla mia bocca si indeboliscono e muoiono. Rimangono le schegge frantumate per terra, ed è inutile ricomporle: il senso ormai è perduto; ed è inutile cercarti, anche tu ti sei perduta. Mi siedo ad aspettare la fine dell’effetto di questa luna anfetaminica. Che sia solo questione di abitudine? Le urla straziate delle stelle non sono più così terribili e il battere del mio cuore è più sopportabile. Vedo astri di costellazioni lontanissime esplodere e cadere ma non riesco a ragionare, né tanto meno a mettere in ordine i pensieri nella mia testa così acida. Ecco, perché mi è così difficile tornare da te in questa notte di luna piena.

Vorrei essere sordo per evitare il bla bla bla

Spesso guardando la tv mi viene da pensare che la libertà di parola sia un grosso limite della democrazia. E' vero, ho il telecomando per cambiare ma scatta una sorta di masochismo, di voler a tutti i costi ascoltare, per vedere fin dove è possibile portare il limite delle assurdità. E' incredibile la capacità di alcune persone di riuscire a parlare per interi minuti senza dire nulla. E' più probabile che il loro intento sia proprio parlare e parlare per non dire niente. Tanto poi scatta il meccanismo del "non ho capito cosa ha detto, evidentemente è qualcosa di troppo sottile per le mie capacità". Kierkegard diceva che gli uomini hanno il dono della parola non per nascondere i pensieri, ma per nascondere il fatto che non li hanno. Io, più semplicemente, ho la sensazione che ci sia gente che non sa di che cacchio parla nemmeno quando sta zitta.

Un giorno senza di me.

E' facile perdersi, è facile trovarsi. E' difficile perdersi, è difficile trovarsi. Dipende tutto dal talento personale. In un certo periodo della mia vita sono stato bravissimo a smarrirmi, in un altro a trovarmi. Con il senno di poi credo di aver imparato l'arte di perdermi e di trovarmi. Mi è capitato di camminare per giorni senza riuscire mai a seminarmi; così come mi è capitato di cercarmi per mesi senza, per altro, mai trovarmi. Poi un bel giorno, mentre aspetti il treno per tornare a casa ti rendi improvvisamente conto che a casa non ci vuoi andare. Non puoi andarci. Perché quelle mura ti hanno già detto tutto quello che sapevano. Ora è il momento tuo per raccontare. Ma non hai niente da dire. Così parti alla ricerca di storie fantastiche. Che già il fatto di partire è una storia di per sé fantastica. Ogni viaggio ha qualcosa da raccontare. Ed è in quegli anni che incontrai un signore elegante con zaino e sacco a pelo. "Sono partito perché non ho più niente" disse sorridendo "pensare che ho sempre detto che sarei partito quando avrei avuto tutto". Alcune partenze somigliano a ritorni in posti sognati e mai vissuti; alcuni ritorni sono, invece, partenze da uno stato di stabilità. Ogni partenza è una fuga. Io fuggii con i miei 2o anni in spalla dal mio amore suicida. Presi la via del mare con il fermo proposito di non tornare mai più. Le onde mi hanno scavato lentamente l'anima. In un'isola ad est del nulla incontrai un saggio che mi svelò una grande verità: la geografia è più importante della storia perchè la contiene. Ci misi molto a capire il senso. Finchè un giorno aprendo gli occhi mi resi conto che non conoscevo nulla della storia e della geografia e decisi che era giunto il momento di studiarle. Mi ci dedicai, non con la dovizia dei fanatici, bensì con il piacere dei curiosi e la cosa sorprendente è che, nella geografia e nella storia, ho trovato me stesso. Con i miei tanti difetti e i miei pochi pregi ed ho imparato ad apprezzarmi proprio per questa combinazione. Combinazione che non è buona o cattiva, positiva o negativa. Combinazione che è molto di più. Sono io uguale e mutabile.

lunedì 16 febbraio 2009

Presa di coscienza


Un giorno il Cavaliere senza macchia e senza paura,
vedendo sulla sua bianca tunica
una macchia di sangue a forma di strega,
si spaventò.
Da quel giorno la sua vita
non fu più la stessa.

L'abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose. (Esopo)

Non so che ora sia ma sta arrivando il giorno. Il sole risorgerà da quel corpo di acqua e volerà in cielo un'altra volta per aiutarci a vivere. Sarà così iniziata la stessa storia di insulti e schiaffi. La stessa storia di tutti i giorni e mai le parole feriranno più delle mani. Eppure non lo lasci mai. Nemmeno quando il sangue si fa sentire aspro e caldo sulla tua lingua. Mille volte il mio telefono ha suonato nella notte e tu dall'altra parte in lacrime. Non parlavi. Solo i tuoi singhiozzi. Non servivano parole per capire che lui l'aveva fatto ancora. Sono passati giorni, mesi, anni e nulla è cambiato. Gli permetti ancora di toglierti la libertà, la dignità, il sorriso. Le tue promesse - lo lascerò lo giuro - finiscono sempre per spaccarsi, come il tuo labbro sotto le sue mani. Una separazione che non arriverà mai perchè, come dici sempre, "lui è così dolce quando mi chiede scusa".

venerdì 13 febbraio 2009

L'importante è che si scriva...

Non ho sonno. Sarà l'emozione del mio secondo blog ma non ho sonno. Il primo l'ho ucciso dopo pochi secondi. Questione di affinità. Ci siamo guardati negli occhi e non gli sono piaciuto per niente. "Piuttosto che essere il tuo blog preferisco non essere" mi ha detto. Detto fatto. Soppresso. Eccomi qui, smanioso di scrivere qualcosa in un paese che non legge nulla. Di sicuro le mie parole non finiranno a raccogliere le smerdatine di qualche uccellino chiuso in gabbia. Così fosse, vorrei stringere la mano di persona a colui o colei che si prenderà la briga di stampare questa cosa per infilarla in una gabbietta. Dicevamo? Ehm, si smanioso di scrivere. Di cosa però? Pensavo di scrivere un articolo sui treni. Questo perché ho appena parlato con Fabrizio che oggi ha usufruito dell'alta velocità. Proprio l'alta velocità mi ha fatto riflettere su un aspetto che affronterò con più calma. Magari domani, forse dopo domani, più probabilmente mai. E' un argomento che richiede un minimo di cognizione di causa e di documentazione. Perciò, visto che a me piace scrivere di getto, l'argomento "alta velocità" è già bel che archiviato. Sarà l'insonnia da euforia notturna o la sopracitata emozione del mio secondo blog, sta di fatto che il risultato è lo stesso: non ho sonno. A dire il vero ho sempre dormito poco, fin da piccolo. Devo anche confessare che normalmente io diffido, e chi diffida dorme poco e mai sogni tranquilli. Diffido perchè la mia infanzia è stata impegnativa. A cinque anni, e ripeto cinque anni, i miei genitori per pagarsi il SUV mi hanno mandato a lavorare. I miei primi lavoretti, però, risalgono all'infanzia. Ho iniziato come neonato "piangitore". Mamma e papà mi affitavano ad amici single che mi utilizzavano per rimorchiare. In quegli anni ho capito il mondo femminile. Esperienza che non posso assolutamente riassumere nell'inflazionato "chi dice donna dice danno", perchè alla fine dei conti quelle che la danno non sono così tante. Poi ho fatto il boscaiolo. Un lavoro duro. Anzi, impossibile per il fisico di un bambino di cinque anni, e ripeto cinque anni. Infatti, poco tempo dopo sono stato licenziato. Vi garantisco che perdere il lavoro a cinque anni, e ripeto cinque anni, è un'esperienza che segna. Non ti fa guardare al futuro con la dovuta serenità. Se riesci a farti licenziare a cinque anni, e ripeto cinque anni, a trenta devi solo augurarti di aver sposato una donna ricca che ti permette di startene in casa sul divano a goderti la filodiffusione! Però, nonostante sia sempre stato un convintissimo lavativo, non mi sono abbattuto. Cosa che non mi sono mai spiegato. Anzi, sono riuscito a riciclarmi come raccoglitore di fiori. Mi arrampicavo fino a 3.000 metri per raccogliere Stelle Alpine e Bucaneve. Avevo avviato un piccola attività e vendevo bellissimi bouquet. Per qualche mese è andato tutto bene. Fino a quando la Guardia Forestale mi ha arrestato e multato. Che ne sa un bimbo di cinque anni, e ripeto cinque anni, che esistono i fiori protetti!! Un tatuaggio, tante brutte esperienze e un anno di prigione dopo, decisi di cambiare vita. Avevo tre idee ambiziose. La prima, piuttosto artistica, riguardava l'acquisto di una chitarra portoghese. Volevo proporre al mondo una contaminazione musicale tra yodel e fado. La seconda, più imprenditoriale, consisteva nel rubare segnaletica stradale per farne pezzi di arredamento fashion. La terza, visto il trascorso nelle patrie galere, prevedeva l'esordio nel luccicante mondo politico. Sono sempre stato pigro è vero ma mai banale. Fu così che alla fine decisi di imbarcare su una baleniera giapponese. In quegli anni memorabili, di viaggi e mille avventure, conobbi il delfino poliziotto che mi raccontò i crudeli misfatti dell'orca assassina e di come il pescesega diventò miope. Ma questa è un'altra storia che ora non mi va di raccontare...

giovedì 12 febbraio 2009

Noi e il nuovo mondo...

A noi, assassini con i piedi nello zucchero che il nostro desiderio di dolcezza è costato vite e traversate oceaniche. Per noi persi su strade senza vento, in discorsi senza senso che per far male non perdiamo un momento. Noi, maledetti, figli di padri negrieri e padri di figli dalle vene rinsecchite. Noi che raccontiamo del nostro amico Gesù e gli altri che a Dio non ci credono più. Noi che figli di puttana sono loro e poi benzina sprecata a chiedere quanto vuoi. Noi, cieli di latte e cenere che oggi potrei morire. Noi occhi begl’occhi se mi lasci non vivo. Odore di mare da portarsi addosso che il mio sogno era fare il marinaio. Noi che viviamo ma forse sarebbe meglio dedicarsi ad altro. Noi che confondiamo l’amore con il colore dei capelli, e che consideriamo felicità non avere il mal di denti. Noi delinquenti, ladri, stupratori che quando moriremo in fondo era un bravo ragazzo. Noi profumo di solitudine, anfratti e piscio secco. Noi musica suadente, gocce d’eroina, pasti caldi e occhiate ammiccanti. Noi sudore, nervi tesi, fratelli di falliti. Noi che abbiamo una donna che ci ama nell’unico posto che non vedremo mai. Onde e onde e chiedersi cos’è che muove il mare. Cristoforo Colombo perché non ha voluto me per la sua avventura? E tu perché non mi vuoi per dividere ciò che ti rende speciale? Noi corde di impiccati è l’ultima cosa che ci rimane da fare. Noi complessi edipici mai superati. Noi che ti chiamo io domani sera sapessi solo chi sei. Noi che vorremmo vivere in un’altra città. Vicoli e ombre di marinai con sangue vivamente salato. Noi che non riusciamo in nulla e loro che ad ogni impresa, per rotte sconosciute, arrivano nelle Indie. Noi che non riusciamo a salpare nemmeno nei sogni e loro che non sanno di aver scoperto il nuovo continente. Noi che dopo tanti fallimenti tirano l’acqua e ce ne andiamo e loro che dopo tanta fatica, un cartografo frettoloso, questa terra è…l’America.

Morte tua vita mia...

Questo blog nasce dalla morte di un altro. E quell'altro non è morto di morte naturale o di noia, è stato soppresso volontariamente da me, dopo pochi secondi di vita. Ed ora che ho perso un blog sono sicuro che riuscirò a dare a questo la giusta importanza. Qui racconterò le storie che nessuno vorrebbe mai vivere. Quelle storie che non hanno audience, come quella di Furio l'uomo avvelenato dal mercurio e che rimasto disoccupato si riciclò come termometro. O del salice piangente che un giorno si stancò di essere triste e morì dal ridere. Oppure di Simone, il ragazzo piccione, costretto a vagabondare nelle piazze del mondo, scagazzando sui monumenti degli uomini illustri. Ecco di cosa si occuperà questo blog! E per far sì che la vostra attenzione venga attirata fin qui, sono disposto a tutto!! Anche a ricorrere alle foto della tettona del Grande Fratello!