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venerdì 13 febbraio 2009

L'importante è che si scriva...

Non ho sonno. Sarà l'emozione del mio secondo blog ma non ho sonno. Il primo l'ho ucciso dopo pochi secondi. Questione di affinità. Ci siamo guardati negli occhi e non gli sono piaciuto per niente. "Piuttosto che essere il tuo blog preferisco non essere" mi ha detto. Detto fatto. Soppresso. Eccomi qui, smanioso di scrivere qualcosa in un paese che non legge nulla. Di sicuro le mie parole non finiranno a raccogliere le smerdatine di qualche uccellino chiuso in gabbia. Così fosse, vorrei stringere la mano di persona a colui o colei che si prenderà la briga di stampare questa cosa per infilarla in una gabbietta. Dicevamo? Ehm, si smanioso di scrivere. Di cosa però? Pensavo di scrivere un articolo sui treni. Questo perché ho appena parlato con Fabrizio che oggi ha usufruito dell'alta velocità. Proprio l'alta velocità mi ha fatto riflettere su un aspetto che affronterò con più calma. Magari domani, forse dopo domani, più probabilmente mai. E' un argomento che richiede un minimo di cognizione di causa e di documentazione. Perciò, visto che a me piace scrivere di getto, l'argomento "alta velocità" è già bel che archiviato. Sarà l'insonnia da euforia notturna o la sopracitata emozione del mio secondo blog, sta di fatto che il risultato è lo stesso: non ho sonno. A dire il vero ho sempre dormito poco, fin da piccolo. Devo anche confessare che normalmente io diffido, e chi diffida dorme poco e mai sogni tranquilli. Diffido perchè la mia infanzia è stata impegnativa. A cinque anni, e ripeto cinque anni, i miei genitori per pagarsi il SUV mi hanno mandato a lavorare. I miei primi lavoretti, però, risalgono all'infanzia. Ho iniziato come neonato "piangitore". Mamma e papà mi affitavano ad amici single che mi utilizzavano per rimorchiare. In quegli anni ho capito il mondo femminile. Esperienza che non posso assolutamente riassumere nell'inflazionato "chi dice donna dice danno", perchè alla fine dei conti quelle che la danno non sono così tante. Poi ho fatto il boscaiolo. Un lavoro duro. Anzi, impossibile per il fisico di un bambino di cinque anni, e ripeto cinque anni. Infatti, poco tempo dopo sono stato licenziato. Vi garantisco che perdere il lavoro a cinque anni, e ripeto cinque anni, è un'esperienza che segna. Non ti fa guardare al futuro con la dovuta serenità. Se riesci a farti licenziare a cinque anni, e ripeto cinque anni, a trenta devi solo augurarti di aver sposato una donna ricca che ti permette di startene in casa sul divano a goderti la filodiffusione! Però, nonostante sia sempre stato un convintissimo lavativo, non mi sono abbattuto. Cosa che non mi sono mai spiegato. Anzi, sono riuscito a riciclarmi come raccoglitore di fiori. Mi arrampicavo fino a 3.000 metri per raccogliere Stelle Alpine e Bucaneve. Avevo avviato un piccola attività e vendevo bellissimi bouquet. Per qualche mese è andato tutto bene. Fino a quando la Guardia Forestale mi ha arrestato e multato. Che ne sa un bimbo di cinque anni, e ripeto cinque anni, che esistono i fiori protetti!! Un tatuaggio, tante brutte esperienze e un anno di prigione dopo, decisi di cambiare vita. Avevo tre idee ambiziose. La prima, piuttosto artistica, riguardava l'acquisto di una chitarra portoghese. Volevo proporre al mondo una contaminazione musicale tra yodel e fado. La seconda, più imprenditoriale, consisteva nel rubare segnaletica stradale per farne pezzi di arredamento fashion. La terza, visto il trascorso nelle patrie galere, prevedeva l'esordio nel luccicante mondo politico. Sono sempre stato pigro è vero ma mai banale. Fu così che alla fine decisi di imbarcare su una baleniera giapponese. In quegli anni memorabili, di viaggi e mille avventure, conobbi il delfino poliziotto che mi raccontò i crudeli misfatti dell'orca assassina e di come il pescesega diventò miope. Ma questa è un'altra storia che ora non mi va di raccontare...

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1 commento:

ValeMoon ha detto...

W la filodiffusione!